Montefalco, tra ebbrezza e spiritualità

A piedi
Varcando l’arco della porta, che ancora all’inizio del 900 veniva chiusa da solidi battenti di legno, si apre davanti a noi il corso principale, vivace e animato, ricco di negozi, enoteche, ristoranti.

A metà salita possiamo concederci una sosta per visitare la chiesa di sant’Agostino, che dà il nome alla porta da cui siamo entrati e a uno dei quattro quartieri in cui è divisa la città. La chiesa è costruita nelle forme semplici tipiche degli ordini mendicanti, con un’unica navata sobria e austera, a cui venne aggiunta una navatella laterale, inizialmente aperta sulla strada e adibita a mercato coperto. Ad attrarre l’attenzione sono certamente gli affreschi devozionali che ricoprono le pareti. Da segnalare sulla parte di sinistra una Incoronazione della Vergine attribuita ad Ambrogio Lorenzetti, con una rara rappresentazione di Maria come seconda Eva, dipinta in basso, in posizione semi sdraiata con un alberello di fico in grembo, simbolo del peccato originale; a seguire, dipinte in nicchie aperte sulla parete, una Madonna della cintola dipinta dal perugino Giovan Battista Caporali nel 1520 e una Madonna con bambino tra sant’Agostino e il beato Angelo da Foligno fondatore del convento, dipinta dal folignate Ugolino da Gisberto nel secondo 400. Di grande interesse sono anche gli affreschi dell’arco trionfale: l’annunciazione a sinistra e la natività a destra, in cui il bambinello è avvolto stretto nelle fasce e deposto in una mangiatoia di pietra che ne prefigura la passione . Per un attento pellegrino non può passare inosservata l’apertura di una piccola porta nei pressi del coro della chiesa.

È la via d’accesso alla sacrestia :un luogo che suscita nell’animo di chi la visita un sentimento misto tra stupore e bellezza.
Ciò che si può ammirare è un’a elevata celebrazione della spiritualità agostiniana che si esprime attraverso la rappresentazione di affreschi risalenti al 1300 e che nel loro complesso costituiscono un vero e proprio ciclo pittorico.

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Degna di nota è la meravigliosa Annunciazione che ci riporta al Mistero dell’Incarnazione con Maria in obbedienza al Signore.
Segue una bellissima Crocefissione che si caratterizza per la forte drammaticità. Gesù è rappresentato morto sulla Croce e sofferente…una chiara ispirazione Giottesca che è particolarmente viva in questa sacrestia.
Spostandosi fuori dalla prima cinta muraria della città si trova la zona della città occupata da diversi insediamenti religiosi. Il primo monastero che incontriamo è quello delle monache agostiniane di Santa Chiara della Croce, votate a vita contemplativa. Il complesso è dominato dalla mole del santuario, che, pur comprendendo parti del primitivo insediamento dove visse e morì Santa Chiara, fu edificato nel Seicento. All’interno la nostra attenzione si concentra sull’altare laterale destro che conserva il corpo incorrotto e le reliquie della santa montefalchese. In un reliquiario d’argento modellato come mezzo busto della santa è conservato e visibile il cuore, mentre a sinistra, in una croce sempre d’argento, sono esposti i “segni della passione” ritrovati dalle monache nello stesso cuore dopo la morte di Chiara avvenuta nel 1308. Suonando alle monache è possibile visitare la parte più antica del convento, che conserva parte del chiostro originario con il giardinetto, dove crescono alberi dai cui frutti le monache ricavano i grani per confezionare i rosari. Visibile è anche la cappella della Croce, parte absidale della chiesetta dove morì Chiara e affrescata con un ciclo pittorico realizzato da ignoti pittori umbri nel 1333.

Continuiamo il percorso lasciandoci la porta di San Leonardo alle spalle, proseguendo al di fuori della seconda cerchia muraria della città volgendo lo sguardo a sinistra si rimane colpiti dalla macchia verde scuro di un bosco di lecci. Si tratta del bosco di San Fortunato, dove sorge il convento francescano omonimo. E’ un luogo unico per l’immersione nel silenzio e nella pace, è un invito spontaneo alla meditazione e al raccoglimento, è la maestà della natura coi suoi alberi secolari che trasporta fuori dal tempo, in un’atmosfera sospesa e immobile. Ai margini del bosco, scavate in un banco d’argilla, si trovano le cosiddette grotte di San Fortunato, che una tradizione popolare lega alla vita del santo e che studi più recenti hanno invece interpretato come luoghi dedicati al culto del dio Mitra.

Nel 1422 venne edificato l’attuale chiesa francescana, con annesso convento e preceduta da un chiostro, in cui si ammirano colonne romane di riutilizzo. E’ qui che pochi anni dopo comincia l’avventura montefalchese di Benozzo Gozzoli, il cui lavoro è in parte visibile nella lunetta sopra il portale d’ingresso e nella parete destra della chiesa. In una cappella aperta nella parete sinistra si conserva il cosiddetto sarcofago di San Severo del V secolo. Dal chiostro del convento potete affacciarvi nella cappella aperta sul lato sinistro del quadriportico per ammirare gli affreschi realizzati da Tiberio d’Assisi nel 1512 con le storie del perdono di Assisi.

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